David 2021: “Volevo Nascondermi” pigliatutto. E il David intitolato a Cecilia Mangini va a Totti



È Volevo nascondermi (2020) di Giorgio Diritti, ritratto d’autore del pittore Ligabue con un Elio Germano strepitoso trasformista, a fare da asso pigliatutto alla serata degli “Oscar italiani“, trasmessa in diretta su Rai1 l’11 maggio.

E sono 7 i David che si porta a casa dedicati “a tutti gli artisti dimenticati” (per miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, miglior scenografia, fotografia, acconciature ed effetti sonori).

Sophia Loren poi fa la parte della leonessa con la statuetta più acclamata: miglior attrice protagonista nel film del figlio Edoardo Ponti La vita davanti a sé (2020), storia di un’ex-prostituta ebrea sopravvissuta all’Olocausto, tratta dall’omonimo romanzo di Romain Gary (Neri Pozza, 2014), produzione Netflix.

È infatti un tripudio di standing ovation e inchini per la diva de La Ciociara (1960) – già omaggiata a febbraio col Nastro di platino ideato ad hoc dal Sindacato Giornalisti Cinematografici –  premiata ora dall’Accademia del Cinema Italiano per la settima volta nel corso della sua carriera, ma emozionata  “come se fosse ancora quella prima volta di sessant’anni fa”.

Resta invece a mani vuote Laura Pausini (candidata come miglior canzone originale col brano Io sì a musicare il film di Ponti) che, fresca fresca di Golden Globe, non solo sfiora l’Oscar americano (assegnato invece ad H.E.R. con la sua Fight for You composta per Judas and the Black Messiah di Shaka King), ma viene scalzata anche da quelli italiani: la vittoria di Luca Medici (alias Checco Zalone) per Immigrato, hit della sua pellicola campione d’incassi Tolo Tolo (2020) che si aggiudica anche il David dello spettatore.

Degli altri adattamenti in lizza tra le cinquine di quest’anno viene scavalcata anche Emma Dante con Le sorelle Macaluso (2020), ritorno alla macchina da presa per la drammaturga siciliana (dopo il lontano Via Castellana Bandiera nel 2013), tratto dall’omonima pièce teatrale da lei messa in scena nel 2014.

A bocca asciutta anche Lei mi parla ancora (2021) di Pupi Avati (dal memoir familiare di Giuseppe Sgarbi) in corsa per sceneggiatura non originale e protagonista maschile (Renato Pozzetto) insieme a Daniele Luchetti col suo Lacci (adattamento dal romanzo di Domenico Starnone), premiato con tre candidature ma nessuna statuetta: al talento maturo di Silvio Orlando (in corsa come miglior attore non protagonista) l’Accademia preferisce la prova di Fabrizio Bentivoglio ne L’incredibile storia dell’Isola delle Rose (2020), firmata Sydney Sibilia e prodotta da Groenlandia. Stessa sorte per Alba Rohrwacher, che cede il passo alla Loren nella cinquina di protagoniste femminili, così come Luchetti e Francesco Piccolo (candidati per la sceneggiatura non originale a quattro mani) fatti fuori da Marco Pettenello e Gianni Di Gregorio con Lontano lontano (2019).

Tra i favoritissimi, Hammamet di Gianni Amelio – parabola decadente di un Bettino Craxi sul “viale del tramonto” – primeggia solo nel reparto trucco (a dispetto delle sue 14 candidature), mentre Favolacce dei visionari gemelli D’Innocenzo – 13 nomination e un Orso d’Argento a Berlino – riesce ad aggiudicarsi un solo David, al montaggio.

Il premio al miglior documentario assegnato a Mi chiamo Francesco Totti di Alex Infascelli, poi, ha uno strano suono affiancato al nome di Cecilia Mangini. E già perché d’ora in poi il David che premierà i doc porterà il nome della grande documentarista appena scomparsa. Un bel riconoscimento anche se arrivato soltanto pustumo. E che, visto il premio andato al film su Totti, ci fa interrogare su quale idea di cinema del reale intenda promuovere l’Accademia del cinema italiano.